La gratitudine: il talento di sentirsi riconoscenti

il talento di sentirsi grati

Sempre di più si sente parlare di gratitudine e dell’importanza di coltivarla. Ma che cosa è in concreto la gratitudine? E come la possiamo coltivare? E ancora: è davvero una necessità? E se investiamo su di essa, abbiamo realmente dei benefici?

La gratitudine è la capacità di sentirsi riconoscenti per aver ricevuto un dono, non necessariamente materiale.  È un sentimento, ma non solo. La gratitudine è un punto di forza dell’essere umano; e come tale, se ben allenato, può diventare un talento. Ha una dimensione relazionale, perché implica il dover uscire dai propri confini personali ed entrare in un contesto che accoglie, sentendosi parte gli uni degli altri. Può arrivare persino a trascendere le relazioni umane e raggiungere la dimensione spirituale. 

Coltivare la gratitudine può essere un’azione piacevole. Ma come lo possiamo fare? Possiamo per esempio scrivere un diario, raccontando gli episodi, gli eventi, le cose materiali che abbiamo nelle nostre vite e che ci gratificano, che ci fanno stare bene… per i quali siamo grati. Oppure, possiamo coltivare la gratitudine scrivendo una lista di azioni piacevoli che amiamo fare, perché ci fanno stare bene e ci gratificano. Sono due metodi che hanno uno stesso presupposto: quello di essere utilizzati quando siamo nei nostri momenti no, e abbiamo bisogno di capire cosa concretamente c’è di positivo nella nostra vita. Dai nostri scritti possiamo anche pescare per gratificarci e riportarci in una situazione positiva. Un altro modo per allenare la gratitudine, può essere quello di scrivere una lettera ad una persona per ringraziarla. Una persona, per esempio, che è stata presente nel nostro passato e ci ha donato aiuto e supporto.

Può farci bene coltivare la gratitudine? Se partiamo dal presupposto che la gratitudine è una potenzialità, incappiamo nel fatto che va allenata. E questo richiede tempo e impegno; non è immediato il processo che porta un nostro punto di forza ben sviluppato a diventare un talento. Inoltre, c’è anche da considerare un altro elemento non del tutto secondario: ovvero che la gratitudine può non essere un nostro talento.

Tuttavia, l’aspetto relazionale di questa potenzialità, ha un’implicazione assolutamente rilevante. Riconosce e apprezza il comportamento dell’altro, a livello sociale aiuta a creare coesione cooperazione, è una regola non scritta. In aggiunta, chi prova gratitudine, è più portato verso la felicità; è come se la gratitudine rendesse possibile il fare pace con se stessi e le cose no della vita. Ma spesso, se siamo stati feriti, non riusciamo a esprimere questa potenzialità. Basterebbe solo fermarsi e guardare al passato per vedere quante persone ci hanno donato felicità.

Quindi, che fare? Non c’è una regola; non può essere un’azione meccanica. Come spesso succede quando si entra nella dimensione della scelta individuale, è necessario scegliere in base ai propri valori e ai bisogni. Quindi, il primo passo è definire quali sono i nostri talenti specifici, fare chiarezza sui nostri bisogni e scegliere se allenare la gratitudine, oppure spostare l’attenzione verso altre potenzialità.


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